Quelle che stiamo vivendo sono settimane complicate: fuori dalle nostre case ci sono bollettini sanitari che si rincorrono con i loro dati drammatici e spesso tragici, statistiche da interpretare, norme e divieti che si susseguono uno dopo l’altro.
Dentro le nostre case, invece, continuano gli impegni quotidiani fatti di lavoro, incombenze casalinghe, gestione delle relazioni intrafamiliari, figli urlanti, coppie litigiose come non accadeva da tempo.
E poi è un susseguirsi di emozioni contrastanti: noia, tristezza, rabbia, frustrazione, paura, solitudine e insofferenza, ma anche gioia e felicità.
Quello che sta accadendo ha un che di paradossale: chi sta bene, chi non ha avuto malattie nella propria famiglia, chi, appunto, non è stato colpito dall’epidemia, deve, secondo il sentire comune, sentirsi automaticamente a posto. “Devi stare bene!”; “Non puoi proprio lamentarti” – viene ripetuto dai più.
Non è concesso, a queste persone, di essere giù, di sentire la frustrazione di non poter uscire di casa, è vietato lamentarsi di soffrire per la mancanza delle persone care non più vicine. Chi vive la solitudine non può esprimere la propria tristezza perchè: “dai pensa se ti fossi ammalata”.
E poi, accade anche l’inverso: chi è fisicamente in salute e può vivere queste settimane circondata dall’affetto dei propri cari, chi non ha avuto ripercussioni sul proprio lavoro e sulla propria tenuta economica ed è quindi felice di poter passare più tempo con i figli e/o il partner, quasi quasi deve tacere questa propria felicità perchè c’è chi, invece, non vive la stessa fortuna.
Che fare? C’è una maniera corretta per vivere questo periodo?
Credo che qualunque sia la propria situazione bisogna accogliere le emozioni che si provano, tutte e indistintamente. Non ci sono emozioni giuste o sbagliate ma ognuna di esse descrive un bisogno ed una necessità che va vista, compresa ed accolta.
Per cui: se sei triste, arrabbiato, annoiato, se ti senti solo, disperato, spaventato, frustrato e insofferente o se sei semplicemente felice, tutto ciò è ok, va bene così.
Il concetto di salute non è finalizzato all’assenza di malattia ma presuppone: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia” (definizione dell’OMS).
Per questo motivo, sono critico con quanto sta accadendo in questi giorni a livello mainstream politico e di informazione: concentrarci solo sul restare a casa è fuorviante e sbagliato. Non è vero che lo stare in casa al sicuro è alla fin fine facile e che, come afferma qualcuno, in toni spregiativi, i nostri nonni andavano in guerra, noi dobbiamo solo restare sul divano. A parte le situazioni particolari di cui ho già discusso qui: Coronavirus: sopravvivere alla quarantena mantenendo l’equilibrio mentale, sminuire le difficoltà che questa forzata reclusione può portare a livello psicologico ed emotivo, non farà altro che aumentare, nel futuro prossimo, i disturbi d’ansia e quelli depressivi. A breve termine potrà spingere le persone a venire meno all’impegno di restare a casa per via del cedimento emotivo e quindi motivazionale.
C’è bisogno di pensare ad interventi diversi che prevedano strategie per le fasce più deboli: bambini, persone che soffrono di disturbi psicologici; interventi che tengano conto che costringere al chiuso chiunque senza un orizzonte temporale e senza possibilità di sfogare all’esterno la frustrazione che continua ad accumularsi non è affatto salutare come continuano a ripeterci.
Cosa fare nel frattempo? Cosa puoi fare tu personalmente?
Ecco alcune indicazioni pratiche:
- riconosci le emozioni che vivi, sia quelle piacevoli sia quelle meno piacevoli;
- non paragonare il tuo stato a quello degli altri: troverai sempre chi sta vivendo meglio di te ed al contempo troverai chi la sta vivendo peggio di te. Quindi non serve.
- riconosci la tua fatica e la tua frustazione; ascolta la tristezza e il senso di solitudine. Concediti anche di piangere o di urlare (avvisando i tuoi familiari se ce ne sono intorno a te). Ti assicuro che nessuno piange per sempre: le lacrime (e quell’urlo potente) cesseranno quando avranno assolto alla loro funzione e ti sentirai meglio dopo.
- dopo aver ascoltato le tue emozioni ed averle espresse passa all’azione. Se ti senti solo e triste: chiama un amico, un parente; organizza un aperitivo su Skype o su Zoom; organizza una serata a giocare a Risiko connesso con Whatsapp. Detto in altri termini: prenditi cura del tuo bisogno segnalato dall’emozione (rabbia, tristezza, sconforto).
- e se tu rientri nella categoria di persone felici in questa situazione? Bene, goditi questo momento, ascolta la tua felicità e datti il permesso di poterla esprimere. Non sentirti in colpa verso chi, a differenza tua, non è felice come lo sei tu. Poi, agisci: prepara una torta e portala (con tutte le precauzioni sanitarie) a quel tuo vicino che vive da solo; offriti di far la spesa per la signora 80enne del piano di sopra; contatta la protezione civile della tua città per offrire il tuo aiuto verso chi è in difficoltà intorno a te; fai quella telefonata a quell’amico o parente che sai non se la sta passando così bene e ascoltalo, permettigli di sfogarsi senza giudicarlo.
A prescindere da come si stia vivendo questo periodo, l’importante è restare in contatto con se stessi, con gli altri e con quello che accade fuori da noi e dalle nostre case.