Le crisi esistenziali sono in continuo aumento e sempre più persone si trovano spaesate nella ricerca e realizzazione di se stessi e dei propri desideri.
Come riconoscere una crisi esistenziale?
In genere la crisi esistenziale è caratterizzata da una disposizione interiore profondamente angosciosa e associata ad un senso di perdita di identità personale che sfocia, poi, in una mancanza di senso e di significato della propria vita.
Ciò può avvenire a seguito di diverse cause, di cui le fondamentali sono: eventi traumatici e di forte stress a cui non si riesce a far fronte in alcun modo; oppure conducendo uno stile di vita fortemente esteriorizzato, banalizzato e disgregante, che ha perso il contatto con i valori guida alla base dell’esistenza umana.
Come ben compreso dallo psichiatra psicoterapeuta Viennese V.E.Frankl:
L’equilibrio psichico è organizzato e dipende in larga parte dalla percezione significativa di sé e del proprio vissuto personale.
Qualora nell’individuo venga a mancare questa fondamentale sensazione di senso e significato, si creerà la tendenza a rifuggire da se stessi e dai propri impegni di vita attraverso forme di compensazione e gratificazione fittizia e con atteggiamenti altamente distruttivi quali: assunzione di droghe, atteggiamenti di potenza, suicidio immediato e differito (anoressia e droghe).
L’uomo di oggi, come dettagliatamente Frankl ce lo descrive, ha perso i contatti con l’universo dei valori autentici e, pertanto, ricerca soddisfazioni compensatorie per superare l’inevitabile senso di vuoto esistenziale.
Ricordiamo anche che, da questo vuoto interiore (che è il maggior segnale di crisi esistenziale) si genera poi anche una forte crisi di identità per cui, gli stessi ruoli abituali, famigliari, lavorativi, di studio ecc, sembrano essere divenuti estranei e perdono il loro potere di coinvolgimento, per cui, tutte le responsabilità connesse saranno disattese.
Ancor più difficile sarà per questo soggetto, far fronte a situazioni straordinarie o traumatiche come potrebbero essere oggi quelle di perdita di lavoro o di lutti o altro. Possiamo dunque constatare e confermare il quadro drammatico che Frankl ci ha descritto ben oltre 50 anni fa e che all’oggi è di grande evidenza.
I sintomi della crisi esistenziale:
- perdita di senso e di significato della propria vita e della vita in generale
- senso di vuoto accompagnato da stanchezza fisica e psichica
- mancanza di motivazione e di interesse allo svolgimento dei compiti della vita
- indifferenza ed estrema difficoltà a far fronte a situazioni di vita impreviste, importanti e dolorose
- apatia interiore ed esteriore che si manifesta anche col “lasciarsi andare”
- mancanza di senso di appartenenza alla famiglia e alla società
- rifugio nelle droghe, nel gioco, e in atteggiamenti e teorie mistiche e fuorvianti (anche di falsi guru approfittatori di cui oggi pullula il mondo).
Quando ci si sente persi e confusi qual è la prima cosa da fare?
La prima cosa da fare trovandosi in uno stato di disordine mentale è cercare di calmarsi e ciò si ottiene con un profondo respiro e una “presa di distanza” dal problema o dai problemi contingenti e stressanti.
Teniamo presente che nessuna situazione può essere adeguatamente affrontata partendo da uno stato d’animo agitato e sconnesso dalla fonte del sé (la nostra fonte di saggezza interiore). Ogni situazione che ci causa dolore e stress deve essere considerata ed analizzata a partire da quell'”esame di realtà” (tanto caro a Freud), che si conduce, precisamente, allo stesso modo di un problema matematico, e cioè attraverso l’esame dei “dati” presenti e costituenti il problema.
Fatto questo dovremmo prendere in esame lo stato emotivo che il problema ha prodotto, e, confrontandolo con i dati di realtà, si potrà comprenderne più o meno la proporzione o la sproporzione.
Bisogna verificare cioè se, la risposta emotiva al problema è proporzionata al problema stesso. È molto importante fare questo, non sono discorsi inutili.
Noteremo che quasi sempre la parte emotiva amplifica notevolmente il problema, addirittura lo ingigantisce a tal punto da inibire profondamente la parte razionale e creativa della mente, che sola potrebbe risolvere il problema stesso.
Gli stati emotivi sbilanciati e alterati nella gamma negativa, causano anche (oltre a quella razionale) una sorta di inibizione motoria, per cui, sommando il tutto, ne risulta impossibile ideare un piano d’azione e porlo in essere a soluzione del problema o dei problemi.
Quindi risulta essenziale giungere ad un ridimensionamento degli aspetti emotivi.
Un’altra cosa importante è quella che io chiamo “centratura”. Dobbiamo considerare che ognuno di noi ha come un “centro dell’essere” in cui sono custoditi i valori autentici e da cui partono i segnali che ci indicano quando questi valori sono sottesi o rispettati.
Tutto è regolato da sensazioni particolarmente intime. Ognuno dovrebbe regolarsi (imparando ad ascoltare le sensazioni) su questo punto centrale interiore per trovare chiarezza e direzione cioè la “propria verità interiore” di una situazione, rimanendo in accordo coi propri valori.
Da questo stesso punto scaturisce consapevolezza, senso e valore di sé.
Purtroppo, sbilanciati emotivamente dai fatti della vita, perdiamo il contatto con la saggezza di questo centro e, con ciò viene impedita la certezza dell’avere risorse adeguate ad affrontare ogni genere di situazione, e viene impedito il senso di direzione e di chiarezza interiore da cui dipendiamo.
Per cui molto del mio modo di fare terapia, consiste nel riportare il soggetto a contatto interiore col suo centro di conoscenza e sapienza.
Quando sono varie le cause che portano alla perdita di questo contatto interiore, come bisogna agire?
Generalmente molte persone che si rivolgono allo psicologo psicoterapeuta, si trovano in uno stato di “multiproblematicità” (il termine è mio), ciò significa che ci sono varie problematiche collegate tra loro. Questo non è strano se si pensa che, da problematiche interiori, quasi con effetto domino, si producono effetti di realtà problematica esteriore, e via dicendo.
Si può immaginare questo effetto come quando si getta un sasso nell’acqua e si creano onde concentriche sempre più ampie.
Posso anche agganciarmi al discorso precedente: cioè se il Centro di noi stessi è in equilibrio, le onde da lui prodotte e tradotte in realtà pratiche e contingenti, e quindi tradotte in circostanze di vita, saranno in assetto positivo e costruttivo, la realtà pratica, dunque, rispecchierà ordine ed equilibrio.
Se il Centro di noi è sbilanciato e carente di significato e valore (es. per una forte disistima o per emotività esagerata), questo aspetto perturbato produrrà onde anomale che diverranno sempre più caotiche e destabilizzanti nella loro espansione, inoltre i segnali interiori sani (che comunque continuano ad essere prodotti dalla parte del sé superiore che cerca l’individuazione), non saranno leggibili e recepibili correttamente, quindi ciò produrrà disastri sincronici anche nella realtà esterna espressa in situazioni di vita e relazioni.
Il soggetto sarà portato a crearsi innumerevoli contesti di vita insani, frutto di atteggiamenti sbagliati…frutto di pensieri distorti… frutto di emozioni negative…frutto di distorsioni percettive ecc…insomma…un sistema interiore “in tilt” non può che generare una realtà esteriore disordinata e, appunto, multiproblematica. Come es. pratico pensiamo ad una carenza di autostima che occupi il centro del soggetto.
Da ciò si genereranno molteplici “disastri” personali, legami con persone sbagliate, problemi lavorativi e famigliari, incapacità a relazionarsi e realizzarsi, compensazioni in uso di droghe, vita vagabonda e senza senso.
Se mi sono prolungata così tanto nella descrizione di come si crea uno stato di “multiproblematicità”, è perché solo dalla comprensione può venire soluzione.
Come si può fare allora e come portare rimedio?
Occorre affrontare i problemi a partire da entrambe i lati cioè, sia dall’esterno verso l’interno, sia dall’interno verso l’esterno. Diciamo che la psicoterapia è lo strumento principale per agire dall’interno verso l’esterno; lavorare su di sé è fondamentale ed evita davvero tante sofferenze (altro che “soldini buttati via dallo psicologo” noto luogo comune), e permette di acquisire anche strumenti adeguati per gestire varie situazioni.
Contemporaneamente correggere le situazioni esterne con azioni pratiche; e…sapete qual’è il miglior strumento pratico per apportare cambiamenti? Prendere decisioni!
Ecco questa è una capacità importante che dovrebbe essere appresa a scuola; prendere decisioni sulla base del “principio di realtà” e attenervisi coerentemente. Vi ho rivelato un grande segreto che le persone di successo sanno.
Però volendo fornire un metodo più spicciolo e autogestito, proprio di sopravvivenza pratica, consiglierei di partire in modo deciso affrontando i problemi di vita reale, uno ad uno, implacabilmente, a partire da quello più facile e risolvibile a quello più difficile.
Indico questo metodo, contrariamente a quello di partire dal centro di sé (che implicherebbe la psicoterapia), perché può essere, e anche diventare, uno stile di vita attivo e positivo, inoltre è abbordabile.
Se affrontiamo e risolviamo i singoli problemi pratici di vita, ci abitueremo gradualmente, ad essere costruttivi e ne avremo un benefico ritorno anche interiore.
La nostra percezione di autoefficacia migliorerà; acquisiremo autostima e sicurezza, e senso di sé forte.
A questo punto, anche il movimento autoricostruttivo interno si ravvierà e si avranno sincronizzazioni tra interno ed esterno e la sinergia sarà massima. Ci saranno importanti cambiamenti.
Detto questo, pensate come potrebbe essere ancora più veloce il cambiamento in positivo, associando anche un percorso di psicoterapia che amplificherebbe ulteriormente le onde benefiche aiutando la persona a “centrarsi”.